Hai dolori diffusi continui?
Dormi male, poco e non sei riposata/o?
Ti affatichi per ogni minimo sforzo?
Soffri di disturbi della concentrazione e di memoria?
Stai male da tanto tempo, ma nessuno ti ha fatto una diagnosi precisa?
Questa malattia, della quale oggi certamente si parla molto più di vent’anni fa, è ancora quasi sconosciuta ai medici di base ai quali il paziente si rivolge in prima battuta e, solo da pochi anni, in Italia è aumentato il numero di reumatologi che si interessano a questa sindrome. Secondo le statistiche ogni donna fibromialgica vede mediamente 7-8 medici prima di arrivare alla diagnosi. Anni di dolore, insonnia, stanchezza che non migliora con il riposo, difficoltà di concentrazione e disturbi della memoria a breve termine, peregrinazioni da un medico all’altro prima di arrivare alla diagnosi e quindi a una cura, isolamento sociale e incomprensioni portano la paziente a una depressione reattiva alla malattia.
Vorrei porre l’accento sul fatto che periodi lunghissimi di dolore cronico senza terapia fanno si che la paziente si assenti frequentemente dal lavoro, non riesca ad adempiere alle sue occupazioni quotidiane, a prendersi cura della famiglia e a vivere una vita sociale normale. L’impatto economico per quanto riguarda il lavoro è quindi pesantissimo e altrettanto pesante è la spesa a carico delle Aziende Sanitarie e, non ultimo, l’esborso di denaro che il malato stesso deve sostenere per abbreviare i tempi di attesa pagando per visite in regime di libera professione.
I medicinali per la cura della fibromialgia sono totalmente a carico del paziente in quanto la sindrome non è ancora riconosciuta come malattia cronica invalidante dal nostro Ministero della Salute.
Sono molte le donne che hanno perso il posto di lavoro perché hanno superato il comparto massimo di assenza per malattia, le più giovani non riescono spesso a concludere il ciclo di studi e a inserirsi nel mondo del lavoro.
La fibromialgia non si vede, sono quindi “malati invisibili” agli occhi della gente e dei medici che non conoscono questa sindrome.
Nella maggior parte dei casi la donna si trova a vivere una situazione di incomprensione da parte del medico di famiglia e molto spesso dei suoi familiari. Entrambi sono portati a pensare che si tratti di un dolore immaginario e quindi che la paziente debba essere seguita da uno psichiatra.
La fibromialgia non è una sindrome depressiva o immaginaria come molti medici ancora credono, ma una malattia vera, che interessa i tessuti molli (e non le articolazioni) e si presenta con dolori muscolari, affaticamento cronico, ipersensibilità al dolore proveniente anche da stimoli cutanei innocui, mal di testa, disturbi del sonno. Questa alterazione periferica e centrale dei meccanismi del dolore fa sì che ogni stimolo, anche quello più naturale e fisiologico – dallo stare in piedi ai i rapporti sessuali – risulti doloroso. E il dolore è cronico, tale da comprometterne la vita”. “Il 90% delle persone colpite da fibromialgia sono donne, a ulteriore conferma che il dolore cronico ha una maggiore incidenza nel sesso femminile minandone seriamente la qualità della vita e provocando nella maggior parte dei casi anche una perdita della gioia di vivere portando fino alla depressione.
Le donne sono maggiormente colpite da questa malattia perché predisposte dal punto di vista neuroendocrino ad una alterazione dei meccanismi del dolore per i processi biologici cui vanno incontro nelle varie fasi della loro vita (menopausa, ciclo mestruale), ma anche perché sono più inclini a subire in modo notevole lo stress cronico psico-fisico legato alla vita moderna, che le vede impegnate su più fronti (lavoro, famiglia, figli). Non tutte le persone con una soglia del dolore alterata o soggette a stress, però, si ammalano di fibromialgia. In genere si tratta di persone ansiose, poco inclini al cambiamento, che iniziano ad avere dolore cronico e spesso cadono, infine, in depressione, sia perché il dolore è insopportabile e non permette di vivere nemmeno gli aspetti più naturali dell’esistenza, sia per la frustrazione di una diagnosi che cataloga il dolore come psicologico o immaginario dopo una serie di analisi e visite spesso inutili. Una accurata e attenta anamnesi insieme all’esame dei ‘tender points’ (punti dolenti muscolari) dovrebbe, invece, essere sufficiente al medico per capire immediatamente di cosa si tratta. La cura consiste nell’utilizzo di farmaci per alzare la soglia del dolore (anticonvulsionanti) o che lo modulino (antidepressivi). Possono essere utili anche coadiuvanti come i sedativi o gli oppiacei come il tramadolo, che si è rivelato efficace in alcuni casi. Ma l’approccio deve sempre essere multidisciplinare. Accanto alla terapia farmacologia deve esserci una riabilitazione fisica graduale per aumentare la resistenza e una psicoterapia cognitivo-comportamentale. Spesso, infatti, i fibromialgici sono persone con seri problemi di traumi affettivi che devono essere approfonditi.
In questi casi, una psicoterapia adeguata, integrata attraverso l’utilizzo di tecniche di rilassamento (quali il training autogeno), forniscono alla persona un supporto valido per contrastare le difficoltà della patologia, oltre che alleviare la sofferenza.