ARTROSI DEL GINOCCHIO

mercoledì 31 ottobre 2012


i mali di stagione


LA LOMBALGIA
La lombalgia è stata definita il “male del secolo” ed è una delle espressione dello stress;
anch’esso tra i maggiori responsabili dei disagi fisici della popolazione dei paesi industrializzati.
Non è una malattia, ma il sintomo di un problema. Il dato allarmante è che la patologia si sta
diffondendo anche tra i bambini.
La lombalgia è una patologia molto frequente: la maggioranza delle persone ne ha avuto
nella sua vita almeno un episodio. Può insorgere in modo acuto (dolore improvviso che si protrae
per più giorni e che tende a risolversi) o cronico (dolore che insorge in modo lento, in maniera
subdola, e che tende a recidivare). I sintomi obbiettivi sono: dolore nella parte bassa della
schiena,spontaneo e accentuato dai movimenti; contrattura delle masse muscolari della zona
lombare; rigidità del tronco.
La lombalgia, se non "curata" può degenerare in "lombosciatalgia", soprattutto nelle persone
meno giovani: il nucleo polposo del disco, per le continue sollecitazioni, comincia ad uscire e a farsi
strada attraverso l'anello. Si può parlare di protusione discale o ernia espulsa. Il disco, quando esce
dalla sua sede, può comprimere le radici dei nervi (nella stragrande maggioranza le radici dello
sciatico), provocando dolore e formicolii lungo gamba, fino ad arrivare, in alcuni casi, a paralizzare
i muscoli della gamba o del piede.
La lombalgia riguarda un tratto ben preciso della colonna vertebrale relativo al dolore o
addirittura al blocco della regione lombare del rachide.
L’atteggiamento nei confronti della lombalgia acuta è cambiato: si è passati da un
trattamento passivo ad un trattamento attivo.
Il paziente lombalgico che prima si affidava passivamente al riposo a letto, ai farmaci, alle
mani del terapista, alla protezione esterna del tutore ortopedico ed alla “macchinetta“ miracolosa
capace di eliminare il dolore, ora deve diventare sempre più protagonista del suo trattamento,
conoscendo la sua colonna vertebrale, la struttura e il funzionamento, scoprendo qual è il
meccanismo che produce il dolore ed evitando di azionarlo, conoscendo gli esercizi per
decomprimere i dischi intervertebrali, per effettuare i compensi e per proteggere la sua colonna.
In presenza di lombalgia acuta è sufficiente la visita del proprio medico di base. È necessaria
la visita dello specialista solo in presenza di sciatalgia, ricadute frequenti, dolore continuo che non
riesce a scomparire o nei casi in cui il medico lo ritenga opportuno.
In presenza di dolore acuto è importante non drammatizzare: l’80% della popolazione adulta
soffre di dolori vertebrali, è quindi possibile che capiti a tutti, soprattutto a chi ha “maltrattato” la
propria colonna.
In parte le statistiche risultano positive, perché hanno evidenziato che nove pazienti su dieci
stanno meglio entro un mese anche senza effettuare nessun trattamento. Ma d’altra parte le stesse
statistiche mettono in guardia, perché coloro che hanno avuto un primo episodio di mal di schiena,
sono soggetti a ricadute con una percentuale elevata che oscilla tra il 60% e l’85%. Questo,
naturalmente, succede più frequentemente a chi si cura solo passivamente e a chi resta sempre
esposto agli stessi fattori di rischio senza cercare di ridurli.
La prognosi per i pazienti che presentano lombalgia acuta è così favorevole che l’uso della
diagnostica per immagini é raramente necessario.
Se il paziente non presenta anomalie neurologiche, se non c’è stato trauma e se non si
sospetta un tumore né un’infezione, non si dovrebbe usare alcun esame strumentale nelle prime sei
settimane.
Qualora, trascorso questo tempo, non ci siano miglioramenti clinici, nel caso in cui venga
preso in considerazione l’intervento chirurgico o quando si teme una patologia grave, si possono
effettuare esami per immagini.
Ormai è dimostrata una notevole incidenza di anomalie anatomiche (ernie discali, stenosi,
spondilolistesi) in individui asintomatici: esse potrebbero portare a terapie inappropriate o a far
preoccupare inutilmente per il suono minaccioso dei nomi di tali patologie.
In caso di lombalgia acuta, centrale, senza irradiazione agli arti inferiori, anni fa venivano
prescritti due giorni di riposo a letto; se la situazione era più grave, cioè in caso di lombosciatalgia,
si prescriveva una permanenza a letto più lunga: da sette, dieci giorni fino ad un massimo di
quindici.
Diversi studi hanno dimostrato che un riposo a letto prolungato (da quattro a sette giorni)
non procura alcun vantaggio rispetto ad un riposo breve o nullo (da zero a due giorni).
Ci sono numerosi studi che confermano il valore di un programma specifico di riabilitazione
in fase acuta. Gli esercizi specifici eseguiti correttamente non aumentano la lombalgia, ma hanno un
ruolo importante nel trattamento immediato del dolore acuto, garantendo l’integrità del sistema
muscolo-scheletrico. E’ scorretto pensare che l’esercizio attivo sia sbagliato per una persona che ha
dolore.
Il dolore è diventato il migliore alleato della rieducazione: infatti, è molto più facile
rieducare un soggetto che soffre di mal di schiena a sedersi e muoversi correttamente quando, in
fase acuta, i movimenti scorretti provocano dolore. Allo stesso modo è più facile convincerlo ad
eseguire regolarmente gli esercizi, quando si accorge che, con la loro ripetizione, può ridurre il suo
dolore.
Nel caso di lombalgia acuta con forti dolori la terapia può essere diversa:la scelta più
adeguata è legata alla intensità delle manifestazioni ed allo scopo terapeutico. Dolori acuti, intensi e
violenti, devono essere trattati, innanzitutto, con i farmaci antinfiammatori e decontratturanti. La
scelta è piuttosto ampia, ma deve essere sempre prescritta dal medico curante o, meglio ancora, dal
medico specialista.
Il trattamento fisioterapico della lombalgia include: laser-terapia, magneto-terapia,
ionoforesi, stretching, ginnastica posturale e, se non è presente dolore, mobilizzazione attiva e
ginnastica per allungamento, rinforzo muscoli del corpo, in particolare dei muscoli addominali.
La lombalgia spesso esprime un decadimento fisico. Il mal di schiena si evita soprattutto
mantenendo un buon tono posturale ed osteo-muscolare. Vanno evitati atteggiamenti viziati sul
lavoro ed è fondamentale un'attività fisica di base in palestra. La menopausa può essere un notevole
fattore aggravante e predisponente per via dell'osteoporosi, del decadimento muscolare e della
lassità legamentosa.
Alcuni degli esercizi che si possono effettuare per attenuare il dolore e per correggere delle
posture viziate sono i seguenti (ogni posizione andrebbe tenuta per almeno 60 secondi, con una fase
di riposo di 30 secondi):
retroversione del bacino: espirare lentamente e appiattire il tratto
lombare contro il piano d'appoggio (contraendo gli addominali).
Inspirare durante il rilasciamento.
autoallungamento: espirare lentamente ed appiattire il tratto
lombare, allungare il collo e retrarre il mento verso il torace
espirando. Inspirare durante il rilasciamento.
rilassamento: afferrate le ginocchia con le mani portandole il più vicino
possibile al petto espirando. Inspirare durante il rilasciamento.
Ps. L’esercizio può essere eseguito anche a gambe alternate.
autoallungamento: dalla posizione in ginocchio, seduti sui talloni, allungarsi
in avanti scivolando sulle mani

giovedì 18 ottobre 2012

Periatrite Epicondilite
da Dr. Giorgio Betge, chiropratico © 1995
PERIARTRITE
Si chiama periartrite la malattia che affligge più sovente l'articolazione della spalla. La troviamo soprattutto in pazienti di media età. I sintomi soggettivi principali sono il dolore e la perdita della mobilità nella giuntura omeroscapolare. La periartrite si presenta gradatamente, prima con dolori leggeri e poi con sintomi sempre più acuti, come conseguenza, per esempio, di una malattia reumatica. Si manifesta nello stesso modo anche dopo un'infezione di streptococchi alla gola (tonsillite) o dopo un ascesso ai denti. In caso di un trauma il blocco della mobilità awiene all'improwiso con infiammazione acuta e gonfiore accompagnati da dolori forti. Spesso succede anche all'indomani, dopo aver preso una corrente d'aria fredda, dopo il bagno o dopo essersi esposti alla corrente di un finestrino aperto o all' aria condizionata dell' automobile. E' evidente che, in conseguenza delle diverse origini dei sintomi alla spalla, che si assomigliano, occorre una diagnostica esatta attraverso cui possa essere scelta e prescritta una terapia adatta e specifica.
Alla periartrite vengono attribuite diverse denominazioni, secondo le origini o secondo le localizzazioni dei sintomi più importanti:
  • periartrite omero-scapolare (caloarea),
  • periartropatia scapolo-omerale,
  • capsulite fibrosa adesiva,
  • frozen shoulder,
  • tendoguainite bicipitale,
  • borsite acuta o cronica,
  • mono-artrite reumatica,
  • poliartrite scapolo-omerale bilaterale.

Anatotnia-Fisiologia

La cavità glenoida, che è la parte articolare della scapola destinata a congiugarsi con la testa dell'omero, accoglie solo una piccola porzione della testa stessa. Di conseguenza I'articolazione gleno-omerale risulterebbe instabile ed estremamente soggetta a lussazioni se la testa dell'omero non fosse compattata fermamente alla glenoide da una capsula articolare robusta e rinforzata da spessi ligamenti, da tendini e da muscoli. I più importanti dei quali, a questo scopo, sono il muscolo sopraspinato e il m. deltoide. I movimenti dell'insieme della spalla si svolgono nelle sue quattro articolazioni: scapolo-toracica, gleno-omerale, acromio-clavicolare e sterno-clavicolare. Durante i loro grandi movimenti, le diverse fasce muscolo-tendinee vengono per natura in contatto con protuberanze ossee e devono essere protette dall'usura. Questo è il compito delle borse, cuscinetti riempiti di liquido sinoviale. Le borse a loro volta, se sollecitate troppo, si infiammano dando origine a dolori e a limitazione funzionale.

Patologia - Diagnosi

Basta che si ammali una sola struttura della spalla ed il funzionamento della stessa in una determinata direzione rimane disturbato, di regola con un restringimento dei movimenti o addirittura con un blocco. Osservando e testando le funzioni precise di tutti i muscoli, tendini, fasce e borse, si scopre la parte difettosa. Da questo punto non siamo più lontani alla diagnosi esatta. Infiammazioni, gonfiori, calcificazioni, rotture legamentose o tendinee sono le affezioni più frequenti riscontrate alla spalla . L'artrosi degenerativa, che troviamo sovente nelle articolazioni della colonna vertebrale o nelle anche, costituisce l'eccezione nella spalla, perchè essa non è una struttura portante del peso corporeo ma e piuttosto da considerare come un'appendice al tronco. Oltre alle disfunzioni locali della spalla esistono sintomi dolorosi che vengono proiettati nella muscolatura o sulla pelle sovrastante, provenienti dalla vicina colonna cervicale. Si manifestano in forma di dolori, spasmi muscolari di riflesso oppure ipo o ipersensibilità cutanee. I dermatomeri delle radici nervose C4 e C5 si estendono sopra la spalla e coprono esattamente la regione interessata dalle tante altre patologie locali. Riflessi dolorosi remoti dall'origine, per esempio della cistifellea (infiammazione, calcoli), possono manifestarsi nella regione della scapola destra e far sembrare che ci siano disturbi nelle strutture locali. Dolori irradiati invece verso la spalla sinistra, potrebbero significare disturbi al cuore.
L'esame clinico comprende la ricerca della zona malata che si rileva dalla localizzazione del punto o dei punti dolenti sulla spalla. Un altro metodo è di osservare l'equilibrio, I'armonia e l'estensione dei movimenti del braccio in questione e di testare la forza muscolare dei singoli muscoli che sostengono e muovono il braccio. L'esame radiografico informa sull'integrità ossea e l'eventuale presenza di alterazioni degenerative o calcificazioni. L'artrografia con contrasto ci informa sull'integrità delle borse. L'esame sonografico ci informa sull'integrità dei tendini, borse e capsule articolari e infine la risonanza magnetica ci presenta tutti i tessuti molli sulla lastra. L'artroscopia permette di visualizzare direttamente, tramite una sonda. introdotta nell'articolazione, le strutture articolari in questione e di fare piccole riparazioni chirurgiche. L'esame di laboratorio serve per l'esclusione o la conferma d'infiammazioni, infezioni o forme reumatiche o metaboliche.

Terapia

Da queste considerazioni risulta evidente che per una cura efficace ci vogliono almeno due prerequisiti:
1. una diagnostica accurata (generale e locale) che detta la terapia
2. un arsenale terapeutico adeguato per far fronte alla moltitudine di affezioni.
La terapia si dirige, secondo la diagnosi, verso la parte malata senza perdere d'occhio il quadro generale e tutti i fattori che possono influenzare la sintomatologia. Così, se si tratta di una malattia metabolica come la gotta, viene naturalmente trattata questa prima di tutto. Dove la colonna cervicale sia in causa, la stessa dev'essere trattata con manipolazioni chiropratiche e quando si tratta di un riflesso da un organo remoto, viene trattato l'organo malato, p.es.il fegato o il cuore .

Se abbiamo un trauma acuto, una parte gonfia, infiammata o calda, si procede in ognuno di questi casi con l'applicazione del freddo. A casa si applica il ghiaccio per 10 minuti o l'argilla (terra curativa) per I ora. In alternativa si possono applicare anche il fango freddo (moor) o la ricotta fredda o uno spray raffreddante contro gli strappi muscolari degli sportivi, delle pomate o dei gel rinfrescanti. Mai fare impacchi caldi o mettere pomate con salicilati associati a sostanze che riscaldano. La parte con dolore acuto viene trattata sempre col freddo. L'intento è di produrre una vasocostrizione locale con interruzione dell'afflusso di sangue e lo sgonfiamento dei tessuti, un riassorbimento dei liquidi interstiziali, processo coadiuvato dalla vasodilatazione reattiva, ben controllata dal proprio sistema nervoso, nella fase successiva al raffreddamento.
Nell'ambulatorio, questo principio potrà essere potenziato, con l'applicazione dell'aria surgelata di -25° C (crioterapia), con un'efficacia sorprendente: non solo sgonfia e disinfiamma la parte lesa in fretta, ma la rende leggermente anestetizzata, cioè toglie il dolore acuto con un mezzo naturale termico. Questo trattamento viene effettuato con un gettito d'aria surgelata che dura 1-2 minuti: più a lungo non si resisterebbe a questa temperatura bassa sulla pelle. Nel maggior numero dei casi quando non si tratta di un'immobilizzazione a causa di una rottura ossea, uno strappo legamentoso o tendineo, e quando un intenento ortopedico o artroscopico non sia indicato, il passo terapeutico successivo è la mobilizzazione passiva della spalla. Per questa fase si richiede la massima collaborazione del paziente, perchè potrà sentire dolori anche considerevoli, a causa della prolungata rigidità della giuntura, I cui componenti hanno perso elasticità e si sono percosì dire "arrugginiti. Teniche di riflessologia sui punti neuromuscolari, di rilassamento e rinforzo muscolare, di chinesiologia appliccata, di stretching muscolo-legamentoso, di aggiustamento articolare, vengono usate per ristabilire l'integrità della funzione della spalla. Ci sono inoltre a disposizione l'agopuntura tradizionale cinese, la terapia neurale secondo Hunecke con l'iniezione della procaina, le infiltrazioni con diversi medicinali nelle borse, articolazioni, guaine tendinee etc. Ci sono però casi eccezionali, in cui il dolore è troppo forte da sopportare o il blocco è progredito al punto di non poter procedere in modo efficace con i tradizionali esercizi mobilizzanti. In questi casi rimane la possibilità di eseguire queste manovre sotto una minianestesia generale di 2-3 minuti, con l'aggiunta di un miorilassante nell'iniezione anestetica. Durante il periodo della narcosi, la muscolatura della spalla si rilassa completamente e viene manipolata negli estremi di movimento, con lo strappo delle adesioni fibrotiche dalla capsula articolare. Il dolore post-operatorio dev'essere calmato con medicamenti per via orale, rettale o per iniezioni.
Contemporaneamente vengono applicate le diverse terapie fisiche: il freddo nelle forme sopra descritte contro le infiammazioni, I'ultrasuono contro le tendiniti e le capsuliti, I'elettroterapia anestesica contro i muscoli doloranti e l'elettrostimolazione per rinforzarli e contemporaneamente rilassarli. Il laser e la magnetoterapia sono aggiunte terapeutiche valide. Qualche volta sono necessarie iniezioni di un anestetico o farmaci specifici. La radioterapia è stata superata dalle terapie alternative sopraelencate.

Superata la fase di mobilizzazione e di flogosi, con effetto benefico sia consenativo che alangesico, si procede alla riabilitazione attiva o ginnastica. Sotto la guida dell'fisioterapista, il paziente impara ad eseguire gli esercizi relativi alla sua patologia come: movimenti liberi, autostretching, tecniche di rilassamento e rinforzo muscolare. Gli esercizi, dopo averli imparati correttamente in palestm, vengono eseguiti giornalmente a casa. Dopo un corretto trattamento, la spalla diventa meno dolente e i movimeni di giorno in giorno più liberi. Dopo di che si potrebbe procedere all'abbandono dell'applicazione del l'argilla e di finire le cure ambulatoriali. Nella fase post-terapeutica si consiglia alcune procedure profilaterapeutiche come evitare lo sforzo all'arto interessato, ad esempio non di portare i pesi non segare il legno, non spingere ií tosaerba e non giocare a tennis ( lavori impegnativi).

EPICONDILITE
L'epicondilite come l'epitrocleite (o epicondilite mediale), è una entesopatia, cioè un'affezione dell'inserzione tendinea sull'epicondilo ed è da tenere distinta dalla periartrite dell'articolazione omero-radiale. È caratterizzata da dolori, infiammazione e/o gonfiore e restrizione del movimento. L'epicondilite potrebbe avere origine traumatica, metabolica, reumatica, un raffreddamento oppure un sovraccarico all'arto colpito. Non vengono dimenticate le diverse circostanze in cui si batte il gomito contro una parete, uno spigolo di un mobile o quando si sforza ledendo le strutture anatomiche della suddetta regione. Girare il braccio per awitare delle viti costituisce un movimento che può oltrepassare la capacità dei tessuti connettivi e dei muscoli del gomito causando infiammazione e dolori.

Anatonua-Fisiologia

Il gomito è un' articolazione che collega 3 ossa, I'omero, I'ulna e il radio tramite le giunture omero-radiale, omeroulnare e radio-ulnare. L'epicondile è la protuberanza esterna dell'omero dal quale la condizione dolorosa, appunto l'epicondilite, ha preso il nome. Le tre giunture permettono due movimenti distinti: uno del tipo cerniera, che fa muovere il braccio dalla flessione in estensione, e l'altro che si fa con un cavaturacciolo, cioè la pronazione e supinazione dell'avambraccio e della mano. L'articolazione del gomito ha una moltitudine d'inserzioni di legamenti, tendini e muscoli che legano le tre ossa assieme e che permettono il movimento tra braccio e avambraccio. Una borsa importante è la "bursa olecrani" perché quando si infiamma e si riempie di liquido sinoviale, può assumere dimensioni notevoli "come se si avesse una mela sotto la pelle del gomito".

Patologia

Le malattie che affliggono il gomito sono le stesse che interessano la spalla. Si differenziano tra i sintomi che sono localizzati all'esterno del gomito, attorno all'epicondilo laterale, come epicondilite laterale, e quelli localizzati all'interno del gomito, intorno all'epicondilo mediale e/o alla troclea, come epicondilite mediana o epitrocleite. La borsite l'abbiamo già menzionata sopra.
Spesso abbinati all'epicondilite laterale, ci sono delle fibromiositi dei muscoli supinatori ( M. brachioradialis e dei due Mm extensor carpi radialis) che alla palpazione sono tesi e molto dolorosi e devono essere trattati contemporaneamente quando si cura una epicondilite.

Diagnosi

La diagnosi viene tratta dall'anamnesi e dalla sintomatologia. La palpazione è parte importante nella determinazione dei tessuti ammalati. Anche i test del movimento passivo e della forza muscolare danno informazioni sulla patologia del gomito. La radiografia e la risonaza magnetica sono esami necessari solo in casi particolari. Siccome gli approcci terapeutici tra le classi di epicondilite di origine locale e quelle di origine sistemica sono assai differenti, I'esame di laboratorio è di routine per poter eliminare o confermare la presenza di fattori infiammatori o di forme reumatiche o metaboliche.

Trattamenti

L'epicondilite laterale o mediale acuta viene trattata primariamente con impacchi antiflogistici (argilla) a casa e con l'aria surgelata di -25°C nell'ambulatorio. Una volta calmata l'infiammazione, la manipolazione chiropratica dell'articolazione scioglie il blocco articolare e ristabilisce la funzione normale delle 3 giunture del gomito. La muscolatura (i 3 rotatori-estensori dell'avambraccio) viene opportunamente curata ai punti di riflesso, con massaggi manuali e/o elettroterapia.
I risultati delle cure sono migliori negli stadi acuti e richiedono tempo e pazienza nei casi cronici.

Prevenzione

Una specifica prevenzione per disturbi al gomito non esiste. Una volta guarito da un episodio di epicondilite non ci vogliono esercizi particolari perché è la natura del gomito muoversi per quasi tutti i lavori quotidiani e perciò non ha bisogno di essere esercitato ulteriormente.

La Chiropratica

La chiropratica si occupa della prevenzione, dell'esame e della diagnosi delle malattie, specialmente dei disturbi funzionali e di portamento della colonna vertebrale, del bacino e di tutte le articolazioni del corpo umano. La chiropratica cura le condizioni della sua competenza principalmente col trattamento manipolativo chiropratico, con fisioterapie e con tante altre misure incruenti naturali.

giovedì 11 ottobre 2012


Le arterie carotidi interne, insieme alle arterie vertebrali, sono i vasi principali che garantiscono l’apporto di sangue al cervello. Per stenosi della carotide s’intende il restringimento del lume dell’arteria carotide, con conseguente riduzione del calibro del vaso e minor apporto di sangue. Il cervello, che è il più delicato degli organi parenchimatosi, necessita di un continuo e costante apporto di sangue: riduzioni di flusso, dovute a stenosi o altre cause, possono determinare patologie cerebrali importanti.
placca determinante stenosi
PATOGENESI
La causa più frequente della stenosi carotidea è rappresentata dall’aterosclerosi, più spesso correlata a: ipertensione arteriosa, fumo di sigaretta, età avanzata, sesso maschile, elevati tassi ematici di colesterolo, dislipidemie, obesità, alcool, uso di contraccettivi orali. L’aterosclerosi è una malattia sistemica, che può interessare le pareti di tutte le arterie dell’organismo; consiste essenzialmente nella deposizione progressiva di lipidi nello spessore delle pareti delle arterie: si determina così la formazione di una placca che protrude nel lume del vaso e ne determina il restringimento, fino addirittura alla occlusione. Per quel che concerne l’arteria carotide, la sede dove più frequentemente si può formare la placca ateromasica è la biforcazione carotidea, laddove l’arteria carotide comune si divide in arteria carotide interna (che porta sangue al cervello) ed arteria carotide esterna (che irrora essenzialmente il massiccio facciale).
EPIDEMIOLOGIA
I dati epidemiologici indicano che la malattia cerebrovascolare rappresenta, nella società industrializzata, la terza causa di morte dopo i tumori e le cardiopatie. Insorge solitamente tra i 65 e gli 85 anni, eccezionalmente nell’età giovanile. Presenta un’incidenza di 0,005 a 40 anni e 1% a 70 anni. Nel 35% dei pazienti colpiti da ictus, globalmente considerati, residua una grave invalidità e una marcata limitazione nelle attività della vita quotidiana. In Italia avvengono circa 250 ictus al giorno ed in media il 20% non sopravvive alla fase acuta. Nei Paesi industrializzati, fra cui l’Italia, l’ictus è la terza causa di morte dopo le malattie cardiache e i tumori, essendo responsabile del 10-12% di tutti i decessi per anno (circa 400.000 morti per i Paesi della CEE). Inoltre l’ictus rappresenta la principale causa di invalidità nelle Comunità occidentali: dopo un ictus, nel 15% dei pazienti residua grave invalidità, mentre nel 40% residuano invalidità di grado lieve.
CONSEGUENZE CLINICHE E SINTOMI
Stenosi severe e, persino l’occlusione dell’arteria carotide, possono essere del tutto asintomatiche, per il buon compenso emodinamico, a livello cerebrale, sostenuto dall’arteria carotide controlaterale e dall’arteria vertebrale (anch’essa deputata alla perfusione cerebrale). Qualora questo compenso non sia sufficiente, si determina un minor afflusso di sangue al cervello (ischemia), con conseguente sofferenza cerebrale che si può tradurre essenzialmente in due quadri clinici principali:
§ TIA
§ Stroke o Ictus ischemico
Un TIA (Attacco Ischemico Transitorio) è dovuto ad una ischemia cerebrale transitoria di breve durata. Poiché l'evento acuto in genere si manifesta solo nella parte destra o nella parte sinistra del cervello, anche i sintomi sono spesso lateralizzati: perdita della sensibilità in un lato del corpo o del viso, paralisi di un lato del corpo o del viso (paralisi del braccio o della gamba, paralisi facciale), perdita della vista, visione sdoppiata (diplopia), visione annebbiata (amaurosi) difficoltà del linguaggio (afasia) o della articolazione delle parole (disartria), vertigini, vomito e perdita della coscienza. Tipicamente un TIA dura dai 5 ai 60 minuti, ma non più di 24 ore. I TIA possono preludere all’insorgenza di ictus: il rischio assoluto di ictus nei soggetti con TIA varia da 7% a 12% il primo anno e da 4% a 7% per anno nei primi 5 anni dopo l'evento iniziale.
L’Ictus ischemico o Stroke è dovuto all’insorgenza di una lesione grave persistente di parte dell'encefalo provocata dall'interruzione dell'irrorazione sanguigna. La sensibilità, il movimento o la funzione controllati dalla zona lesa sono persi. In circa un terzo dei casi l'ictus risulta mortale. Un ictus che colpisca l'emisfero cerebrale dominante, in genere il sinistro, può provocare alterazioni del linguaggio e della parola. Il movimento di un lato del corpo è controllato dall'emisfero cerebrale situato sul lato opposto. Quindi, una lesione delle zone che controllano il movimento poste nell'emisfero cerebrale destro provoca debolezza o paralisi della parte sinistra del corpo e viceversa. Questa debolezza o paralisi monolaterale, chiamata emiplegia, è una delle conseguenze più comuni di un grave ictus.
DIAGNOSI
Sia che il paziente giunga all’osservazione medica per insorgenza di sintomatologia neurologica, sia che, asintomatico, venga reclutato nello screening di pazienti a rischio di patologie cardio-vascolari, sono oggi disponibili numerose metodiche di indagine in ambito vascolare. L’esame che solitamente viene eseguito per primo è l’Eco-Color-Doppler, in quanto non è invasivo, è ripetibile, non utilizza radiazioni ionizzanti ed è un esame a basso costo. Indagini più approfondite sono possibili grazie all’Angio-RM (Angiografia con Risonanza Magnetica) che utilizza un mezzo di contrasto paramagnetico, iniettato in vena. Anche L’Angio-TC (Angiografia con Tomografia Computerizzata) con mezzo di contrasto può essere di notevole utilità a patto che venga eseguita con apparecchi di ultimissima generazione. Ma l’indagine più accurata è tuttora l’Angiografia: il mezzo di contrasto iodato iniettato direttamente nell’arteria carotide per mezzo di un catetere introdotto dall’arteria femorale, permette lo studio del lume dell’arteria carotide e la dimostrazione della presenza di placche aterosclerotiche, di stenosi o di occlusione del vaso. In particolare, l’entità della stenosi e la sua rilevanza funzionale possono essere valutate con estrema precisione.
TERAPIA
La stenosi carotidea va trattata quando il lume originario si è ridotto del 70% anche se il paziente non accusa sintomi. Quando la stenosi è inferiore al 70%, ma superiore al 60% va trattata solo se il paziente presenta determinati sintomi. Esistono attualmente due opzioni di trattamento per i pazienti con stenosi carotidea. La prima opzione è l’angioplastica con palloncino associata al posizionamento di uno stent, attraverso un catetere portato direttamente in arteria carotide interna. Questa procedura viene eseguita da un Radiologo Interventista. La seconda opportunità è l’intervento chirurgico che viene eseguito dal Chirurgo Vascolare o dal Neurochirurgo.QUESTO INDUCE   A TUTTE  LE  PERSONE DI FARE  UNA  ECO DOPLER  UNA  VOLTA  ALL'ANNO  ALLA  CAROTIDE     COME  LO FATTO IO PERSONALMENTE ,   scritto da  internet